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Al giorno d’oggi, sfortunatamente, non esiste ancora sul mercato una crema solare che sia ad impatto ambientale zero. Eh già.
Tuttavia, esistono delle valide alternative, supportate da ricerche scientifiche, che permettano ai consumatori di immergersi senza impattare eccessivamente sull’ecosistema marino.
Sono i solari con filtri UV inorganici, in forma non NANO.
Questi vanno a sostituire i celebri filtri organici, imputati di aver partecipato (in modo locale) al deterioramento di alcuni ecosistemi marini essenziali: le barriere coralline.
L’ecosistema
Le barriere coralline formano alcuni degli ecosistemi più produttivi al mondo, fornendo habitat complessi e vari, che supportano un’ampia gamma di altri organismi.
Il livello di diversità nell’ambiente avvantaggia molti animali della barriera, che, ad esempio, possono nutrirsi dell’erba marina e utilizzare i reef per la propria protezione e riproduzione.
Le barriere coralline ospitano un’ampia varietà di specie:
pesci, uccelli marini, spugne, cnidari (che includono alcuni tipi di coralli e meduse), vermi, crostacei (compresi gamberetti, aragoste e granchi), molluschi (compresi i cefalopodi), echinodermi (tra cui stelle marine, ricci di mare e cetrioli di mare), ascidie, tartarughe marine e serpenti di mare.
A parte gli esseri umani, i mammiferi sono rari sulle barriere coralline, con l’eccezione principale di cetacei in visita, come i delfini. Alcune specie si nutrono direttamente di coralli, mentre altre pascolano le alghe sul reef.
La biomassa della barriera corallina è correlata alla diversità delle specie.
I predatori notturni come il pesce cardinale e il pesce scoiattolo si nascondono durante il giorno, mentre castagnole, pesci chirurgo, pesci balestra, labri e pesci pappagallo si nascondono da anguille e squali.
Il gran numero e la diversità dei nascondigli nelle barriere coralline, cioè i rifugi, sono il fattore più importante che giustifica la grande diversità e l’elevata biomassa degli organismi nelle barriere coralline.
Queste proteggono le coste assorbendo la forza delle onde. Possono ridurne l’energia del 97%, contribuendo a prevenire la perdita di vite umane e danni alle coste.
Quelle protette dalle barriere coralline sono anche più stabili in termini di erosione rispetto a quelle che ne sono prive. Si stima che 197 milioni di persone, che vivono tra un’altitudine inferiore a 10 m ed entro 50 km da una barriera corallina, potrebbero ricevere benefici di riduzione del rischio proprio da queste ultime.
Oltre 4.000 specie di pesci abitano i reef.
Le barriere coralline sane possono produrre fino a 35 tonnellate di pesce per chilometro quadrato ogni anno, mentre quelle danneggiate producono molto meno.
l’impatto antropico
Le barriere coralline forniscono servizi ecosistemici al turismo, alla pesca e alla protezione delle coste.
Il valore economico globale delle barriere coralline è stato stimato tra i 29,8 miliardi e i 375 miliardi di dollari all’anno.
Circa 500 milioni di persone beneficiano dei servizi ecosistemici forniti dalle barriere coralline.
Il costo economico della distruzione di un chilometro di reef, in un periodo di 25 anni, è stato stimato tra i 137.000 e i 1.200.000 dollari.
Secondo Sarkis et al (2010), le barriere coralline delle Bermuda forniscono vantaggi economici all’isola per un valore medio di $ 722 milioni all’anno, sulla base di sei servizi ecosistemici chiave.
Circa il 70% delle barriere coralline sono attualmente minacciate da diversi impatti naturali e antropici tra cui pesca eccessiva, sviluppo urbano-costiero, inquinamento e turismo.
È stato stimato che ogni anno milioni di turisti viaggino verso destinazioni tropicali, aumentando il rischio di importanti conseguenze sulla vita marina e sugli ecosistemi.
Negli ultimi decenni, la produzione e il consumo di filtri solari contenenti attivi organici e/o inorganici (es. TiO2 e ZnO) per proteggere la pelle dalle radiazioni UV, sono aumentati nel mercato cosmetico su scala globale.
Diversi studi hanno dimostrato che alcuni filtri organici (ad es. filtri UV come l’etilesil metossicinnamato o ottinoxato, benzofenone-3 o oxybenzone, benzofenone-2), contenuti nei solari, possano contribuire localmente a danneggiare le barriere coralline (e non solo).
al passo con la scienza
I legislatori delle Hawaii nel 2018 approvarono un disegno di legge che vieta la vendita di creme solari contenenti sostanze chimiche ritenute dannose per le barriere coralline.
Tale legge è entrata in vigore dal 1° gennaio 2021.
Il Senato Bill 2571, introdotto dal senatore di stato Mike Gabbard, vieta la vendita e la distribuzione di creme solari da banco contenenti ossibenzone e octinoxate alle Hawaii. Molti altri Paesi, come Palau e Key West in Florida, hanno aderito a tali divieti.
Il disegno di legge è stato sostenuto da Friends of Hanauma Bay, Sustainable Coastlines Hawaii, Surfrider Foundation e un certo numero di gruppi ambientalisti senza scopo di lucro, nonché dall’Office of Hawaiian Affairs.
Il Ph.D Craig Downs capì per la prima volta nel 2015 la correlazione tra crema solare ed inquinamento marino locale, durante un’indagine sul declino delle barriere coralline nelle Isole Vergini americane.
Un residente locale si era lamentato con la squadra investigativa di una patina oleosa e iridescente sulla superficie dell’acqua, causata dalla massa di turisti durante la giornata, dovuta (probabilmente)alle loro applicazioni solari. Si scoprì che i solari potevano essere un mezzo inquinante per le barriere coralline di tutto il mondo: dal Golfo di Aqaba nel Mar Rosso alle coste di Playa Hermosa, in Costa Rica, e nei Caraibi.
Ovunque gli esseri umani entrino in acqua in prossimità di una barriera corallina vi è una potenziale via di contaminazione.
Ma la crema solare può immettersi in mare attraverso altri mezzi. Molti ingredienti della protezione vengono facilmente assorbiti attraverso la pelle.
L’ossibenzone, uno dei filtri organici più comuni nelle creme solari, ad esempio, può essere rilevato nelle urine entro 30 minuti dall’applicazione. Quando tiriamo lo sciacquone o laviamo via la crema solare sotto la doccia, i prodotti chimici della lozione entrano nelle fogne.
Per le città vicine alle barriere coralline e prive di sofisticati sistemi di trattamento e gestione delle acque reflue, questo inquinamento è piuttosto inevitabile.
I solari non minacciano ogni singola barriera corallina del mondo. Tuttavia, minacciano quelle significativamente importanti per l’uomo, i punti focali del turismo e quelle fondamentali per proteggere le coste dall’erosione.
La minaccia, di conseguenza, si estende anche a chi grazie alla barriera ci vive: la sempre maggiore incapacità dei pescatori locali di accedere all’abbondanza di cibo, che un tempo le barriere coralline sane fornivano.
Inoltre, i solari possono contribuire ad impedire il recupero e il ripristino di barriere già degradate.
Non esiste una definizione legale per “reef safe”; le aziende in genere lo usano per indicare un prodotto privo di oxybenzone o octinoxate.
Tale certificazione non indica una sostenibilità totale del prodotto nei confronti degli ecosistemi marini, ma l’assenza di tutte quelle componenti chimiche (e non solo) ritenute dannose per questi ultimi.
Gli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) pensano che l’elenco delle sostanze chimiche nocive contenute nelle formulazioni, dovrebbe essere molto più lungo:
Oxybenzone ed Octinoxate
Octocrylene
PABA (aminobenzoic acid)
Enzacamene
Octisalate
Homosalate
Avobenzone
La formulazione della crema solare Maluhia non contiene nessuna delle sostanze ritenute (attualmente) in parte dannose per l’ecosistema marino.
Inoltre, abbiamo scelto di utilizzare filtri inorganici non NANO (ZnO), ritenuti l’alternativa meno impattante per l’ambiente e l’uomo.
Massima trasparenza:
Aqua, Zinc Oxide, Cocos Nucifera Oil*, Caprylic/Capric Triglyceride, Punica Granatum Fruit Water*, C13-15 Alkane, Propanediol, Helianthus Annuus Seed Oil*, Tri(Polyglyceryl-3/Lauryl) Hydrogenated Trilinoleate, Titanium Dioxide, Tocopheryl Acetate, Bisabolol, Oryzanol, Lauroyl Lysine, Polyhydroxystearic Acid, Silica, Magnesium Sulfate, Magnesium Stearate, Tocopherol, Ascorbyl Palmitate, Lecithin, Citric Acid, Phenethyl Alcohol, Undecyl Alcohol (*da agricoltura biologica)
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i danni
Nell’ottobre 2015 Craig Downs e colleghi esaminarono gli effetti tossicologici dell’oxybenzone (filtro organico) sulle larve di corallo (planula). Si scoprì che l’oxybenzone induce lo sbiancamento dei coralli (bleaching); la sua potenziale genotossicità, ovvero la capacità di danneggiare il DNA dei coralli e indurre deformità gravi e letali.
Più allarmante, determinarono che l’oxybenzone agisce come distruttore endocrino, facendo sì che le larve di corallo si rinchiudano in modo anomalo nel proprio scheletro calcareo, in una fase del proprio sviluppo in cui non dovrebbero nemmeno avere uno scheletro.
La ricerca dimostrò che queste patologie possono verificarsi a concentrazioni di appena 62 parti per trilione.
Per comprendere meglio: le spiagge delle Hawaii hanno livelli di ossibenzone superiori a 700 parti per trilione nelle prime ore del mattino, prima ancora che arrivino i bagnanti.
Altre ricerche emergenti stanno dimostrando che le concentrazioni di oxybenzone sulle barriere coralline in tutto il mondo sono comunemente comprese tra 100 parti per trilione e 100 parti per miliardo; una minaccia ambientale significativa.
L’ossibenzone non è tossico solo per i coralli.
Lo è per alghe, ricci di mare, pesci e persino mammiferi. Inibisce lo sviluppo embrionale nei ricci di mare. Può provocare cambiamenti di genere nei pesci, in cui i pesci maschi assumono attributi femminili, mentre le femmine hanno una ridotta produzione di uova e schiuse.
Nei mammiferi è stato dimostrato che è un potenziale mutageno e che mostra attività procarcinogena. Studi su topi e ratti hanno mostrato che l’esposizione all’oxybenzone aumenta il peso del fegato e dei reni, riduce l’immunità, aumenta il peso dell’utero nei giovani e riduce la fertilità.
Sia i delfini che gli umani possono trasferire l’oxybenzone alla loro prole attraverso il latte materno.
al passo con la scienza
I filtri solari si suddividono in base alla loro struttura in organici, detti anche chimici, e inorganici, detti anche fisici o minerali.
Perchè abbiamo scelto l’ossido di zinco non NANO?
L’ossido di zinco certificato è un minerale naturale che fornisce la protezione più sicura ed efficace contro i raggi UV. Il nostro zinco è non nano. A differenza dei filtri solari organici, lo zinco forma una barriera fisica sulla pelle, riflettendo i raggi solari invece di assorbirli.
L’ossido di zinco, oltre ad essere una molecola estremamente inerte, è l’ingrediente più performante per bloccare sia i raggi UVA che UVB e, fin’ora, quello più sicuro per l’ambiente marino.
Qui di seguito troverete una rewiew di Adler e DeLeo (2020), che indica l’ZnO non NANO come il più sicuro per noi e per l’ambiente marino.
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Anche se indossi indumenti che ti proteggono dai raggi UV (come magliette con le maniche lunghe/wet suit), avrai comunque bisogno di spalmare la crema solare su viso, mani e piedi.
Per aiutare l’ambiente e ridurre il rischio di scottature, evita l’esposizione diretta al sole tra le 10 e le 14.
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